I comunisti e lo Stato

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coavanzi
view post Posted on 16/5/2009, 14:43




Gent.mo prof. Losurdo,
Nel Novecento i partiti comunisti si sono trovati di fronte a due situazioni differenti: da una parte, in Russia nel 1917, in Cina nel 1949, a Cuba nel 1959, per non fare che alcuni esempi, la conquista del potere ha imposto una riflessione sullo Stato, su come costruire uno Stato socialista; dall’altra, nei paesi capitalistici e quindi in un contesto ben diverso, si è posto il problema di quale rapporto instaurare con Stati liberali. Nel primo caso la prassi ha prodotto una ridefinizione dell’idea di Stato, ritenuto necessario e non estinguibile sulla base delle concrete condizioni storiche; nel secondo caso ci si è spesso attenuti allo schema del comunismo come ideale da raggiungere. Va da sé che questa è una semplificazione estrema.

La mancanza di concrete indicazioni intorno a quello che dovrebbe essere uno Stato comunista determina, secondo me ancora oggi, fughe velleitarie che finiscono per collocare la sinistra comunista in posizione subalterna sul terreno della strategia politica. In questo quadro si collocano anche le critiche rivolte alla Cina o a Cuba. L’internazionalismo del movimento comunista tende talora a non vedere la centralità della questione nazionale – come Lei, mi sembra, ha più volte sottolineato.

La domanda è dunque la seguente: non sarebbe il caso, sul piano teorico, di collocare lo Stato come fine concreto e non come elemento destinato all’estinzione, evitando ancora di parlare di una società futura che nemmeno noi ci immaginiamo e quindi una ‘fuga dalla storia’? Rispetto a questo problema, in quale contesto e prassi politica dovrebbe essere collocato lo Stato nelle attuali condizioni storiche in Italia?

Grazie.
 
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domenicolosurdo
view post Posted on 19/5/2009, 19:54




Nei miei libri ho insisto sul fatto che la tesi dell’estinzione dello Stato rinvia più all’anarchismo che non a Marx e Engels (i quali talvolta parlano di «estinzione dello Stato», talaltra di «estinzione dello Stato nell’attuale senso politico»). Si tratta inoltre di una tesi non priva di elementi messianici, dalla quale Stalin ha avuto il merito di cominciare a prendere le distanze. La società post-capitalistica è chiamata a edificare un modo di produzione e un ordinamento statale radicalmente nuovi, ma ciò non significa il dileguare né del calcolo economico né della norma giuridica.
 
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domenicolosurdo
view post Posted on 19/5/2009, 20:19




Per quanto riguarda la lotta politica in Occidente, aii giorni nostri riscuote un notevole successo a sinistra un libro di Holloway che già nel titolo invita a «cambiare il mondo senza prendere il potere». I bilancio unilateralmente catastrofista del comunismo novecentesco stimola la fuga dalla storia e dalla politica e l’approdo ad una religione più o meno camuffata. A tutto ciò non è necessario contrapporre Marx e Lenin. Conviene qui rinviare a un teologo cristiano (Bonhoeffer) assassinato dai nazisti: «Agire politicamente significa assumersi delle responsabilità, cosa che non è possibile fare senza potere. Il potere si mette al servizio della responsabilità».
 
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2 replies since 16/5/2009, 14:43   269 views
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