lisergic |
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| Benvenuto nel nostro forum, professore. Le premetto che il suo lavoro e le sue ricerche hanno tutta la mia stima e il mio sostegno, ma proprio perché l'apprezzo grandemente, vorrei provare a pormi nei suoi confronti in maniera opposta rispetto a quella che dovrebbe essere la posizione di un suo sostenitore. In particolare, sotto quest'ottica, vorrei, molto rispettosamente, muoverle delle critiche a proposito del suo saggio "Prospettive rivoluzionarie del XXI secolo".
Il suo discorso sull'"imperialismo dei diritti umani" lo condivido in toto, ma proprio perché le ho premesso che vorrei provare a leggere le sue parole da un punto di vista, in un certo senso, a lei "avverso", le faccio l'obiezione che adesso andrò brevemente ad enunciare.
Lei dice che gli USA non possono ergersi a paladini della giustizia perché sia al loro interno che al loro esterno compiono diverse nefandezze in merito al diritto canonicamente inteso. Così facendo però, si potrebbe ribattere che lei non fa altro che comparare, a proposito del rispetto dei diritti umani, quanto succede nelle esperienze resistenti/antimperialiste, con quanto avviene negli stati occidentali e in particolare negli Stati Uniti.
Personalmente la cosa non mi sconvolge, anche perché sono fermamente convinto che la logica occidentale dell'umanitaresimo altro non sia che un pretesto giustificatorio per continuare ad esercitare lo sfruttamento da parte imperialista. Ma come ci si difende dagli attacchi del pensiero dei vari liberal-moderati moderni che (anche sagacamente...) tendono a propinare la logica dell'equidistanza ("ne con i guerrafondai alla Bush ne con la resistenza terroristica mediorientale") e che oggi sono ancor più favoriti in questa tattica, dalla presenza alla Casa Bianca di un presidente mediaticamente perfetto per il loro scopo?
E a questo proposito, come si può tradurre in "prospettive rivoluzionarie" l'appoggio, che lei auspica, dei partiti comunisti occidentali alle resistenze antimperialiste?
La ringrazio in anticipo per le sue risposte.
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